Premesse e considerazioni generali.
- Più il tempo passa più sono certo che il miglior luogo e tempo di confronto sul tema “potatura degli alberi” sia sull'albero, intorno all'albero, nel momento in cui due professionisti hanno ricevuto il consenso da parte di un committente per gestirne insieme uno.
Dunque ci sarebbe un contesto, una storia da conoscere, ci sarebbero degli obiettivi concordati con il committente a breve-medio-lungo termine, ci sarebbe un budget a breve-medio-lungo termine da tenere in considerazione.
- Sono cresciuto, e cresco, professionalmente attraverso vari stimoli: corsi, libri, convegni, docenze, varie esperienze come esaminatore E.T.W., gruppi di lavoro (il gruppo più significativo, negli ultimi anni, quello di Formazione 3t). Ma ciò che ha contribuito e contribuisce maggiormente è stato ed è il confronto, alla pari, con altri professionisti, durante il lavoro insieme.
- Inoltre, credo che, ogni professionista, che ha abbia a che fare con gli alberi nei diversi ruoli possibili, possa apportare il proprio contributo allo sviluppo dell'Arboricoltura.
Obiettivi.
- proporre al lettore degli spunti di riflessione, dei punti di vista, che magari, in precedenza, non erano stati considerati;
- attraverso il racconto di un caso studio e altre storie di pini, suscitare la voglia di un incontro personale con lo scrivente, lavorando insieme, come descritto in una delle premesse.
Descrizione del contesto operativo:
fig. 1
Tutto quello che stai per leggere appartiene al seguente mondo:
Gli alberi convivono con le persone, con le infrastrutture.
Tra le persone, quella che ha un ruolo particolare è il custode dell'albero. Costui ha sia la responsabilità legale sul bene comune albero, sia il potere di spesa su di esso. A volte, vengono chiamati degli arboricoltori professionisti per facilitare questa convivenza.
Il tema base è la CONVIVENZA fra gli elementi disegnati sopra. Questa convivenza prevede un certo grado di:
- sicurezza dell'albero rispetto alla gravità (il suo stesso peso) e alle intemperie (stimoli esterni);
- benefici sia materiali che spirituali (studi sul valore ecologico degli alberi, studi sul valore economico degli investimenti sugli alberi, tradizioni antropologiche riguardo l'importanza della relazione diretta con gli alberi sui vari livelli dell'esperienza umana, etc);
- estetica.
Il tema principale per cui spesso si è chiamati a potare un albero è la sicurezza percepita da parte del “custode”.
Altra motivazione per cui si richiede l'intervento di un potatore è il volume che l'albero occupa crescendo, anche se spesso il custode non percepisce l'albero come un essere vivente che muta negli anni la sua forma (silhouette e struttura).
Esistono altri temi per i quali si è chiamati a gestire un albero, ma non verranno qui trattati.
Anche se il titolo dell'articolo riguarda la potatura dei pini, molti dei concetti che esprimo riguardano la potatura di tutti gli alberi che vivono all'interno dell'ellisse rosso del disegno di sopra, ovvero in contesto urbano.
Continuazione delle considerazioni generali:
- semplificando...
Dove ci sono dei cloroplasti avviene la fotosintesi clorofilliana,
6CO2 + 6H20 + SOLE = C6H1206 + 6O2
La molecola C6H1206 viene trasportata mediante il floema e il simplasto in tutte le cellule vive dell'albero, poi finisce nei loro mitocondri e, in reazione con l'ossigeno, ogni cellula dell'albero ha l'energia a disposizione per espletare tutti i processi che necessita di svolgere, per esempio la duplicazione cellulare, la creazione di altre molecole utili, la creazione della barrier zone, etc.
Senza C6H1206 a disposizione l'albero non può far niente, nemmeno costituirsi, assemblarsi, crescere. In altre parole l'albero non ci farebbe proprio nulla con i famosi azoto-fosforo-potassio e restanti elementi. Elementi che di solito vengono chiamati “nutrienti”, anche se preferisco chiamarli elementi componenti/costituenti/costruttivi. Questa digressione filologica radica nella mia reazione al fenomeno sociale per cui la maggior parte delle persone crede di poter “dare da mangiare” alle piante concimandole, dimenticando il fatto che i vegetali sono organismi autotrofi e dimenticando la fotosintesi clorofilliana che si affronta la prima volta in quarta elementare! Questa dimenticanza porta le persone a chiedere la capitozzatura, la coda di leone, la spalcatura, in modo sereno... “tanto le piante mangiano con le radici”... “tanto poi concimo”... Voglio semplicemente sottolineare l'importanza della capacità fotosisntetica delle piante in relazione alla pratica della potatura.
- Sia in questo articolo, sia durante i corsi di arboricoltura e potatura che svolgo in qualità di docente, visualizzo l'albero come un fiume, dove le branche e i rami sono affluenti del corso principale. Basti osservare l'albero dall'alto verso il basso: in corrispondenza di ogni ramificazione importante c'è un aumento del diametro. Grazie al contributo di Patrizio Daina, durante un corso di potatura in co-docenza con lui, sono venuto a conoscenza della scoperta di Leonardo Da Vinci di qualche secolo fa, che va a confermare questa intuizione che chiunque può avere osservando un albero:
disegno di Leonardo Da Vinci:
fig. 2
fig. 3
come disegnare un albero con la metafora degli affluenti:
La conicità (o rastremazione) della struttura della parte legnosa, intendendo fusto-branche-rami-rametti, è data dalla presenza o meno di affluenti.
- Andreas Detter, qualche anno fa, ci dimostrò l'efficacia della distribuzione dei rami interni su una branca come “ammortizzatori” dell'oscillazione provocata da carichi esterni.
Ad intuito, una struttura conica è più resistente rispetto ad una struttura cilindrica. Le canne da pesca sono coniche, le montagne sono coniche, il corpo umano è conico (basti osservare braccia e gambe).
Di seguito alcuni esempi di conicità sugli alberi:
fig. 3, cedro morto, Casella, Ge, dove si vede bene la struttura e la metafora fiume-affluenti;
fig. 4, platano a Marsiglia, sapientemente potato da un bravo giardiniere, la conicità è evidente;
fig.5, porzione di fusto mediano di un Pinus pinea;
fig.6, melo abbandonato, ex frutteto, Valle Scrivia, Ge, 400 mt slm;
fig. 7, Aesculus hippocastanum, Valle Scrivia, Ge, 700 mt slm;
fig. 8, tiglio, Valle Scrivia, Ge, 400 mt slm.
Didascalia comune figure 6,7,8: alberi forgiati dalle intemperie, compresa la galaverna. La struttura conica gli permette di sopportare tutto ciò.
Basta osservare gli alberi dalla gemma apicale (la gemma apicale si trova seguendo dal basso il diametro più grande ad ogni palco), fino al colletto.
Ancora due considerazioni generali prima di passare alla potatura del Pinus pinea.
- Progettare il primo palco dal basso.
Ovunque cresca l'albero da gestire, devo identificare e/o progettare il primo palco.
Grazie ai miei primi studi giovanili sull'aerodinamica, so che le forze del vento hanno un punto di applicazione sul oggetto all'interno del flusso d'aria, anche se quest'oggetto cambia forma se posto all'interno del flusso d'aria stesso. È così ad esempio per la portanza, come per la resistenza. Nell'ellisse rosso del disegno del “contesto operativo”, fig. 1, è bene tenere gli alberi con il punto di applicazione della forza del vento più basso possibile, per tenere il momento flettente (che ribalterebbe l'albero o ne spezzerebbe il fusto) più basso possibile. In termini pratici, quando un operatore professionista incontra un nuovo albero da gestire, ne deve conservare a tutti i costi i palchi più bassi.
Faccio l'esempio delle barche a vela: la base della vela è più bassa possibile; viceversa, la stessa vela, montata più in alto, farebbe ribaltare la barca, a parità di scafo e delle restanti condizioni. A buon intenditore poche parole...
- Le cellule degli alberi (sia ipogee che epigee) vengono create in base agli stimoli che il sistema albero riceve (ad esempio gravità, carichi dinamici e statici esterni, orientamento cardinale, luminosità, suoni, stimoli elettro-magnetici, presenza o meno di altri organismi viventi nelle vicinanze, etc.). Il così detto teorema dell'adattamento e della tensione costante.
Passo al Pinus pinea.
Ma ora è facile dopo queste premesse. Ipotizzo la storia di un bravo potatore.
Dopo l'analisi del colletto per vedere come è messo, se ci sono radici strozzanti provenienti dal vivaio etc... il buon potatore lancia il sagolino. Eh già! Perché, per quanto mi riguarda, il P. pinea non si può potare col cestello. Forse, in alternativa al tree-climbing, ci potrebbe essere una bella impalcatura giapponese!
1) Progetta e definisce col custode, in base alla logistica del luogo, il primo palco dal basso, che, possibilmente, sarà quello trovato lì quel giorno.
Le cellule dei rami del primo palco sono “abituate” a fare il primo palco (punto 5 delle premesse, “teorema dell'adattamento e della tensione costante”). Se il custode gli chiedesse di eseguire la potatura d'innalzamento della chioma, [(per qualsivoglia ragione, e qui, caro lettore, comprendi meglio il perché per iscritto non si può approfondire troppo il tema della potatura, perché è come in un libro game, per ogni passaggio si possono seguire duo o più strade diverse...) ma continuo semplificando un po' e per forza omettendo molte ipotesi possibili che sono legate solo alla realtà] allora poterebbe quello che dovrà essere il definitivo primo palco dal basso in modo tale che abbia il tempo per abituarsi ad esserlo. Sì, ma come? Alleggerendolo, accorciandolo, riducendone la superficie del volume che si oppone ai flussi d'aria, tre obiettivi in questo settore che si realizzano con diverse tipologie di taglio. Come? Non so se mi basterebbe un libro per descriverlo, ma sono anni che lo insegno ad altri potatori, dal vivo, lavorandoci insieme o durante i corsi di potatura. Non mi sento proprio di scrivere a parole qualcosa che è così pratico, a 3d, che reagisce ad ogni azione del potatore (dove pratico non vuol dire dicotomicamente “non mentale”). Sì, perché nel substrato culturale dove viviamo, ancora subiamo la dicotomia fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, nei bilanci di economia si distingue stipendio da salario. Il lavoro manuale non può prescindere da quello intellettuale e viceversa.
E il palco sopra quello che ora è diventato il palco basso? Va potato anch'esso e così via fino all'apice dell'albero. Perché? E come? Dal vivo, con un cliente/custode in relazione con l'operatore, si spiega meglio.
2) Con cura maniacale, preserverà il fogliame ancora verde interno. Perché? E come farà? Il fogliame verde interno possiede anch'esso gemme pro-avventizie, dette dormienti, che sono i tagli di ritorno del futuro e gli ammortizzatori che assorbono l'energia dei flussi d'aria. Dove un pino possiede gemme pro-avventizie? Non solo sugli apici delle “candele” apicali, ma anche nella guaina fogliare che racchiude gli aghi:
fig. 9, fig. 10,
didascalia, gemme pro avventizie che spuntano fra la guaina del mazzetto d'aghi su un Pinus wallichiana.
fig. 11, fig. 12,
didascalia, gemme pro avventizie già sviluppate dopo il taglio in corrispondenza di un ciuffetto d'aghi su un Pinus pinea.
3) Tendenzialmente la struttura portante fino a tutte le branche terziarie non cambierà mai.
ah... già... mi sono scordato di definire contesto, storia, obiettivi e budget...
Allora passo al caso studio così evito di fare troppe congetture, ma quelle che ho scritto finora sono calzanti, in quanto questi tre passaggi ci sono quasi sempre e per esteso.
Pinus pinea, potato da me nel 2005, 2007, 2009, 2011, 2014, 2016; vivente nell'oratorio di una parrocchia, sotto ci giocano i bambini, da piccolo ci giocavo io. I custodi, capi parroci, che si susseguono durante la mia gestione, hanno paura che l'albero intero e/o qualche ramo si spezzi e uccida dei bambini ed inoltre gli aghi intasano la grondaia di un edificio prossimo al pino sul lato nord-ovest.
Gli obiettivi sono che i bambini non muoiano e che le grondaie si sporchino il meno possibile.
Il budget è basso. Talmente basso che all'ennesimo cambio di parroco il pino verrà potato da un'altra ditta in cambio della legna.
Fine della mia relazione col pino e con i suoi custodi, almeno per ora.
Alcune foto del Pinus pinea in questione:
fig. 13, prima del mio quarto intervento nel 2011. Non ho foto antecedenti.
Fig. 14, particolare del fogliame interno, 2011
fig. 15, durante la potatura, 2011
Fino al 2016, l'albero appariva più o meno come nella fig. 13.
Questo, come altri pini, potati da me a Roma, ha resistito intonso alle forti nevicate del 2012 e al resto delle intemperie subite.
Dal 2010 risiedo in Liguria (ma continuo a lavorare anche dove ho alberi in gestione in altre regioni), dove ho continuato e continuo la mia attività di Giardiniere specializzato nella gestione degli alberi come illustrato nella figura 1. Nel 2016 la costa ligure è stata investita da un vento fortissimo e improvviso denominato “Downburst”. Circa 50 pini, che erano stati potati negli ultimi 3 anni da me e/o da professionisti formati e addestrati dal sottoscritto, sono rimasti intonsi. Scrivo questo articolo con una certa serenità, sempre con maggior voglia di confronto e voglia di condivisione di ciò che so fino ad oggi. Continuo e continuerò nella formazione personale, nel confronto dal vivo con altri professionisti, nel raccogliere dati, per quel che mi è possibile.
Caro lettore, buon lavoro e a presto,
Marco Garbini
Perito Aeronautico
Giardiniere
Arboricoltore
E.T.W. dal 2002
Insegnante di Pratica di Arboricoltura
Insegnante di Potatura
Istruttore di Treeclimbing
Docente Accreditato per la Sicurezza sul Lavoro
Agrotecnico (secondo Diploma e iscritto al Collegio di Genova e La Spezia, n.347)
Operatore Forestale
Ringraziamenti:
tutti i Pinus pinea che ho potato, abbattuto e sezionato lognitudinalmente;
tutti i miei amici e colleghi con i quali sono cresciuto fino ad oggi mediante il confronto dal vivo;
tutti i miei professori;
a chi mi ha chiesto di scrivere questo articolo.
Serit arbores, quae alteri saeclo prosint
Pianta alberi, che gioveranno in altro tempo!